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  • Andrea Pesce

Guardiamoci con speranza


Squadra di Comparte in guatemala
La squadra di comparte in Guatemala

E poi in qualche modo si materializzavano dal nulla. Non so esattamente come, ma ad un certo punto arrivava un primo gruppetto di bambini e poi ti giravi e ne vedevi 10, 20, 30 e poi perdevi il conto. Non avevi più tempo di contare. Arrivano sorridenti, curiosi di sapere in quale modo li avremmo impegnati, con la certezza che si sarebbero divertiti. Arrivavano già riconoscenti, e per questo motivo, secondo me, già propensi ad attenersi alle regole minime che di volta in volta, comunicavamo, a seconda dell’attività.

Siamo in Guatemala, nel Petén.


 

La città più vicina è a 40 minuti di macchina, Santa Elena. Per il resto, foresta tropicale, o coltivazioni che con estrema determinazioni i locali portano avanti. Ogni cosa si fa, ma con maggiore fatica. Non ci sono sconti, non ci sono agevolazioni. Puoi avere tanto, non tutto, ma nulla è scontato. E i bambini sono lo specchio di questo modo di vivere, di questo modo di pensare. Le condizioni di vita di ciascuno di loro sono veramente lontane dal mondo occidentale. Ma a ben vedere, ripensandoci, sono io, siamo noi, ben lontani dal loro modo di vita. Abbiamo proposto a questi bambini le cose più disparate, sempre accomunate da un unico filo conduttore: il gioco. Apprendere giocando. Apprendere quindi a fare biscotti, caramelle, braccialetti, collane, etc. E guardandoli, a dire il vero, non ho notato nulla di diverso dai bambini occidentali. Impegno declinato con creatività. Ognuno a suo modo, ognuno con i propri mezzi.



Quello che era evidente era la loro felicità, la loro allegria, la loro motivazione nel fare al meglio le cose che gli proponevamo. Ho visto e toccato con mano la loro felicità. E mi sono reso conto, ancora una volta, che non aveva tutta questa importanza il “benessere occidentale” per stare bene, per guardare il futuro con speranza, per la serenità.

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